La FAST Investigazioni si attiene e rispetta scrupolosamente sia il Codice Deontologico emanato dal Garante Privacy che quello emanato dalla principale Associazione di Categoria di cui siamo membri.
QUESTO E’ IL CODICE DEONTOLOGICO EMANATO DAL GARANTE PRIVACY
Regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 – 19 dicembre 2018
(Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 12 del 15 gennaio 2019) Registro dei provvedimenti
n. 512 del 19 dicembre 2018
Regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria
Capo I – Principi generali
Art. 1. Ambito di applicazione
1. Le presenti regole deontologiche devono essere rispettate nel trattamento di dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sia nel corso di un procedimento, anche in sede amministrativa, di arbitrato o di conciliazione, sia nella fase propedeutica all’instaurazione di un eventuale giudizio, sia nella fase successiva alla sua definizione, da parte di:
a) avvocati o praticanti avvocati iscritti ad albi territoriali o ai relativi registri, sezioni ed elenchi, i quali esercitino l’attività in forma individuale, associata o societaria svolgendo, anche su mandato, un’attività in sede giurisdizionale o di consulenza o di assistenza stragiudiziale, anche avvalendosi di collaboratori, dipendenti o ausiliari, nonché da avvocati stranieri esercenti legalmente la professione sul territorio dello Stato;
b) soggetti che, sulla base di uno specifico incarico anche da parte di un difensore, svolgano in conformità alla legge attività di investigazione privata (art. 134 r.d. 18 giugno 1931, n. 773; art. 222 norme di coordinamento del c.p.p.).
2. Le presenti regole deontologiche si applicano, altresì, a chiunque tratti dati personali per le finalità di cui al comma 1, in particolare a altri liberi professionisti o soggetti che in conformità alla legge prestino, su mandato, attività di assistenza o consulenza per le medesime finalità.
Capo II – Trattamenti da parte di avvocati
Art. 2. Modalità di trattamento
1. L’avvocato organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati personali secondo le modalità che risultino più adeguate, caso per caso, a favorire in concreto l’effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità degli interessati, applicando i princìpi di finalità, proporzionalità e minimizzazione dei dati sulla base di un’attenta valutazione sostanziale e non formalistica delle garanzie previste, nonché di un’analisi della quantità e qualità delle informazioni che utilizza e dei possibili rischi.
2. Le decisioni relativamente a quanto previsto dal comma 1 sono adottate dal titolare del trattamento il quale resta individuato, a seconda dei casi, in:
a) un singolo professionista;
b) una pluralità di professionisti, codifensori della medesima parte assistita o che, anche al di fuori del mandato di difesa, siano stati comunque interessati a concorrere all’opera professionale quali consulenti o domiciliatari;
c) un’associazione tra professionisti o una società di professionisti.
3. Nel quadro delle adeguate istruzioni da impartire per iscritto alle persone autorizzate ad al trattamento dei dati, sono formulate concrete indicazioni in ordine alle modalità che tali soggetti devono osservare, a seconda del loro ruolo di sostituto processuale, di praticante avvocato con o senza abilitazione al patrocinio, di consulente tecnico di parte, perito, investigatore privato o altro ausiliario che non rivesta la qualità di autonomo titolare del trattamento, nonché di tirocinante, stagista o di persona addetta a compiti di collaborazione amministrativa.
4. Specifica attenzione è prestata all’adozione di idonee cautele per prevenire l’ingiustificata raccolta, utilizzazione o conoscenza di dati in caso di:
a) acquisizione anche informale di notizie, dati e documenti connotati da un alto grado di confidenzialità o che possono comportare, comunque, rischi specifici per gli interessati;
b) scambio di corrispondenza, specie per via telematica;
c) esercizio contiguo di attività autonome all’interno di uno studio;
d) utilizzo di dati di cui è dubbio l’impiego lecito, anche per effetto del ricorso a tecniche invasive;
e) utilizzo e distruzione di dati riportati su particolari dispositivi o supporti, specie elettronici (ivi comprese registrazioni audio/video), o documenti (tabulati di flussi telefonici e informatici, consulenze tecniche e perizie, relazioni redatte da investigatori privati);
f) custodia di materiale documentato, ma non utilizzato in un procedimento e ricerche su banche dati a uso interno, specie se consultabili anche telematicamente da uffici dello stesso titolare del trattamento situati altrove;
g) acquisizione di dati e documenti da terzi, verificando che si abbia titolo per ottenerli;
h) conservazione di atti relativi ad affari definiti.
5. Se i dati sono trattati per esercitare il diritto di difesa in sede giurisdizionale, ciò può avvenire anche prima della pendenza di un procedimento, sempreché i dati medesimi risultino strettamente funzionali all’esercizio del diritto di difesa, in conformità ai princìpi di liceità, proporzionalità e minimizzazione dei dati rispetto alle finalità difensive (art. 5 del Regolamento UE 2016/679).
6. Sono utilizzati lecitamente e secondo correttezza secondo i medesimi principi di cui all’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679:
a) i dati personali contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti conoscibili da chiunque, nonché in banche di dati, archivi ed elenchi, ivi compresi gli atti dello stato civile, dai quali possono essere estratte lecitamente informazioni personali riportate in certificazioni e attestazioni utilizzabili a fini difensivi;
b) atti, annotazioni, dichiarazioni e informazioni acquisite nell’ambito di indagini difensive, in particolare ai sensi degli articoli 391-bis, 391-ter e 391-quater del codice di procedura penale, evitando l’ingiustificato rilascio di copie eventualmente richieste. Se per effetto di un conferimento accidentale, anche in sede di acquisizione di dichiarazioni e informazioni ai sensi dei medesimi articoli 391-bis, 391-ter e 391-quater, sono raccolti dati eccedenti e non pertinenti rispetto alle finalità difensive, tali dati, qualora non possano essere estrapolati o distrutti, formano un unico contesto, unitariamente agli altri dati raccolti.
Art. 3. Informativa unica
1. L’avvocato può fornire in un unico contesto, anche mediante affissione nei locali dello Studio e, se ne dispone, pubblicazione sul proprio sito Internet, anche utilizzando formule sintetiche e colloquiali, l’informativa sul trattamento dei dati personali (art. 13 del Regolamento) e le notizie che deve indicare ai sensi della disciplina sulle indagini difensive.
Art. 4. Conservazione e cancellazione dei dati
1. Fermo restando quanto previsto dall’art. 5, par. 1, lett. e), del Regolamento (UE) 2016/679, la definizione di un grado di giudizio o la cessazione dello svolgimento di un incarico non comportano un’automatica dismissione dei dati. Una volta estinto il procedimento o il relativo rapporto di mandato, atti e documenti attinenti all’oggetto della difesa o delle investigazioni difensive possono essere conservati, in originale o in copia e anche in formato elettronico, qualora risulti necessario in relazione a ipotizzabili altre esigenze difensive della parte assistita o del titolare del trattamento, ferma restando la loro utilizzazione in forma anonima per finalità scientifiche. La valutazione è effettuata tenendo conto della tipologia dei dati. Se è prevista una conservazione per adempiere a un obbligo normativo, anche in materia fiscale e di contrasto della criminalità, sono custoditi i soli dati personali effettivamente necessari per adempiere al medesimo obbligo.
2. Fermo restando quanto previsto dal codice deontologico forense in ordine alla restituzione al cliente dell’originale degli atti da questi ricevuti, e salvo quanto diversamente stabilito dalla legge, è consentito, previa comunicazione alla parte assistita, distruggere, cancellare o consegnare all’avente diritto o ai suoi eredi o aventi causa la documentazione integrale dei fascicoli degli affari trattati e le relative copie.
3. In caso di revoca o di rinuncia al mandato fiduciario o del patrocinio, la documentazione acquisita è rimessa, in originale ove detenuta in tale forma, al difensore che subentra formalmente nella difesa.
4. La titolarità del trattamento non cessa per il solo fatto della sospensione o cessazione dell’esercizio della professione. In caso di cessazione anche per sopravvenuta incapacità e qualora manchi un altro difensore anche succeduto nella difesa o nella cura dell’affare, la documentazione dei fascicoli degli affari trattati, decorso un congruo termine dalla comunicazione all’assistito, è consegnata al Consiglio dell’ordine di appartenenza ai fini della conservazione per finalità difensive.
Art. 5. Comunicazione e diffusione di dati
1. Nei rapporti con i terzi e con la stampa possono essere rilasciate informazioni non coperte da segreto qualora sia necessario per finalità di tutela dell’assistito, ancorché non concordato con l’assistito medesimo, nel rispetto dei princìpi di liceità, trasparenza, correttezza, e minimizzazione dei dati di cui al Regolamento (UE) 2016/679 (art. 5), nonché dei diritti e della dignità dell’interessato e di terzi, di eventuali divieti di legge e del codice deontologico forense.
Art. 6. Accertamenti riguardanti documentazione detenuta dal difensore
1. In occasione di accertamenti ispettivi che lo riguardano l’avvocato ha diritto ai sensi dell’articolo 159, comma 3, del d.lgs. n. 196/2003 che vi assista il presidente del competente Consiglio dell’ordine forense o un consigliere da questo delegato. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.
2. In sede di istanza di accesso o richiesta di comunicazione dei dati di traffico relativi a comunicazioni telefoniche in entrata, si applica quanto previsto dall’art. 132, comma 3, del d.lgs. n. 196/2003.
Capo III – Trattamenti da parte di altri liberi professionisti e ulteriori soggetti
Art. 7. Applicazione di disposizioni riguardanti gli avvocati
1. Le disposizioni di cui agli articoli 2 e 5 si applicano, salvo quanto applicabile per legge unicamente all’avvocato:
a) a liberi professionisti che prestino o su mandato dell’avvocato o unitamente a esso o, comunque, nei casi e nella misura consentita dalla legge, attività di consulenza e assistenza per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per lo svolgimento delle investigazioni difensive;
b) agli altri soggetti, di cui all’art. 1, comma 2, salvo quanto risulti obiettivamente incompatibile in relazione alla figura soggettiva o alla funzione svolta.
Capo IV – Trattamenti da parte di investigatori privati
Art. 8. Modalità di trattamento
1. L’investigatore privato organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati personali secondo le modalità di cui all’articolo 2, comma 1.
2. L’investigatore privato non può intraprendere di propria iniziativa investigazioni, ricerche o altre forme di raccolta dei dati. Tali attività possono essere eseguite esclusivamente sulla base di apposito incarico conferito per iscritto e solo per le finalità di cui alle presenti regole.
3. L’atto d’incarico deve menzionare in maniera specifica il diritto che si intende esercitare in sede giudiziaria, ovvero il procedimento penale al quale l’investigazione è collegata, nonché i principali elementi di fatto che giustificano l’investigazione e il termine ragionevole entro cui questa deve essere conclusa.
4. L’investigatore privato deve eseguire personalmente l’incarico ricevuto e può avvalersi solo di altri investigatori privati indicati nominativamente all’atto del conferimento dell’incarico, oppure successivamente in calce a esso qualora tale possibilità sia stata prevista nell’atto di incarico. Restano ferme le prescrizioni predisposte ai sensi dell’art. 2-septies del d.lgs. n. 196/2003 e art. 21 del d.lgs. n. 101/2018 relative al trattamento delle particolari categorie di dati personali di cui all’art. 9, par. 1, del Regolamento (UE) 2016/679.
5. Nel caso in cui si avvalga di persone autorizzate al trattamento dei dati per suo conto, l’investigatore privato rende specifiche istruzioni in ordine alle modalità da osservare e vigila, con cadenza almeno settimanale, sulla puntuale osservanza delle norme di legge e delle istruzioni impartite. Tali soggetti possono avere accesso ai soli dati strettamente pertinenti alla collaborazione a essi richiesta.
6. Il difensore o il soggetto che ha conferito l’incarico devono essere informati periodicamente dell’andamento dell’investigazione, anche al fine di permettere loro una valutazione tempestiva circa le determinazioni da adottare riguardo all’esercizio del diritto in sede giudiziaria o al diritto alla prova.
Art. 9 Altre regole di comportamento
1. L’investigatore privato si astiene dal porre in essere prassi elusive di obblighi e di limiti di legge e, in particolare, conforma ai princìpi di liceità, trasparenza e correttezza del trattamento sanciti dal Regolamento (UE) 2016/679 e dal d.lgs. n. 196/2003:
a) l’acquisizione di dati personali presso altri titolari del trattamento, anche mediante mera consultazione, verificando che si abbia titolo per ottenerli;
b) il ricorso ad attività lecite di rilevamento, specie a distanza, e di audio/videoripresa;
c) la raccolta di dati biometrici.
2. L’investigatore privato rispetta nel trattamento dei dati le disposizioni di cui all’articolo 2, commi 4, 5 e 6 delle presenti regole.
Art. 10. Conservazione e cancellazione dei dati
1. Nel rispetto dell’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679, i dati personali trattati dall’investigatore privato possono essere conservati per un periodo non superiore a quello strettamente necessario per eseguire l’incarico ricevuto. A tal fine deve essere verificata costantemente, anche mediante controlli periodici, la stretta pertinenza, non eccedenza e indispensabilità dei dati rispetto alle finalità perseguite e all’incarico conferito.
2. Una volta conclusa la specifica attività investigativa, il trattamento deve cessare in ogni sua forma, fatta eccezione per l’immediata comunicazione al difensore o al soggetto che ha conferito l’incarico, i quali possono consentire, anche in sede di mandato, l’eventuale conservazione temporanea di materiale strettamente personale dei soggetti che hanno curato l’attività svolta, a i soli fini dell’eventuale dimostrazione della liceità, trasparenza e correttezza del proprio operato. Se è stato contestato il trattamento il difensore o il soggetto che ha conferito l’incarico possono anche fornire all’investigatore il materiale necessario per dimostrare la liceità, trasparenza e correttezza del proprio operato, per il tempo a ciò strettamente necessario.
3. La sola pendenza del procedimento al quale l’investigazione è collegata, ovvero il passaggio ad altre fasi di giudizio in attesa della formazione del giudicato, non costituiscono, di per se stessi, una giustificazione valida per la conservazione dei dati da parte dell’investigatore privato.
Art. 11. Informativa
1. L’investigatore privato può fornire l’informativa in un unico contesto ai sensi dell’articolo 3 delle presenti regole, ponendo in particolare evidenza l‘identità e la qualità professionale dell’investigatore, nonché la natura facoltativa del conferimento dei dati, fermo restando quanto disposto dall’art. 14 del Regolamento, nel caso in cui i dati personali non siano stati ottenuti presso l’interessato.
QUESTO E’ IL CODICE DEONTOLOGICO FATTO DA FEDERPOL VINCOLANTE PER TUTTI GLI ASSOCIATI
Codice Etico-Deontologico Federpol 2021
PRINCIPI GENERALI
FEDERPOL, Federazione degli Istituti Privati per le Investigazioni, per le Informazioni e per la Sicurezza, quale associazione nazionale di categoria più rappresentativa, ha adottato e costantemente aggiornato il proprio “codice deontologico” anche in ottemperanza all’evoluzione legislativa, dettando ai propri associati regole comportamentali ed etiche da rispettare nell’esercizio dell’attività, sia in ambito civile che in ambito penale, commisurato alle esigenze operative rappresentate, nel pieno rispetto delle Leggi vigenti.
Le norme etico-deontologiche si applicano ai soggetti di seguito indicati, purché associati a FEDERPOL, nella loro attività professionale, nei reciproci rapporti e in quelli con i terzi.
Si applicano, anche nella vita privata, quando ne risulti compromessa la reputazione personale dell’Associato o l’immagine della professione.
Pertanto, il presente regolamento si applica ai seguenti soggetti, dinnanzi denominati semplicemente “Associati”:
-Soci Titolari, quali le persone fisiche provviste del titolo autorizzativo;
-Soci Titolari dipendenti, quali le persone fisiche le quali, allorquando autorizzate dalla competente Autorità, quali titolari della così detta “mini” licenza, svolgono la loro attività alle dipendenze di un titolare di licenza;
– Collaboratori Associati, quali le persone fisiche che sono state segnalate all’Autorità competente, secondo la normativa vigente, dalla persona provvista di titolo autorizzativo.
– Soci d’onore, quali le persone fisiche che si sono distinte in attività di rilievo a favore della categoria oppure della Associazione.
– Soci Simpatizzanti, quali le persone fisiche che condividono idee, programmi e le finalità dell’associazione e che dimostrano particolare sensibilità nei confronti della Federpol. L’applicazione delle norme che seguono riguarderà:
– tutti gli Associati in ordine ai Principi Generali;
– i Soci Titolari, Soci Titolari dipendenti e Collaboratori Associati in ogni sua parte.
TITOLO I – DOVERI
Art. 1 – Svolgimento incarico e tipologie di attività
1. Tutti gli associati a FEDERPOL, come sopra identificati, si impegnano al rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone interessate, in particolare del diritto alla protezione dei dati personali, del diritto alla riservatezza e del diritto all’identità personale in osservanza dei principi sanciti dal D. Lgs. n.196/2003 nonché dal Regolamento Europeo n. 679/2016 e dalla normativa nazionale applicabile e s.m.i.
2. Nell’esercizio di attività professionale all’estero, l’associato italiano deve rispettare le norme deontologiche interne, nonché quelle del Paese in cui viene svolta l’attività. In caso di contrasto fra le due normative prevale quella del Paese ospitante, purché non confliggente con l’interesse pubblico al corretto esercizio dell’attività professionale.
3. L’associato straniero, nell’esercizio dell’attività professionale in Italia, è tenuto oltre che al rispetto di tutte le norme di legge, anche al rispetto delle norme deontologiche di cui al presente codice e successive modifiche o integrazioni.
Art. 2 – Condizione per l’esercizio dell’attività Professionale
L’associato, nell’esercizio della propria attività di informazione, di investigazione e di sicurezza sussidiaria deve essere in possesso di tutti i requisiti abilitativi previsti dalla legge, i quali costituiscono condizione per l’esercizio dell’attività sopra indicata (vds. art. 348 c.p.).
Art. 3 – Segreto Professionale e obblighi di Riservatezza
1. L’associato è tenuto, nell’interesse del committente, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza e di incarico, nonché nello svolgimento dell’attività oggetto di incarico e comunque per ragioni professionali.
2. Premesso che l’attività regolamentata dall’Art. 134 T.U.L.P.S è sempre correlata ad obblighi contrattuali assunti nei confronti del committente ed è finalizzata a far valere o difendere un diritto da tutelare utilmente in qualunque sede, l’associato investigatore privato non può rivelare senza giusta causa le notizie acquisite per ragione della propria attività.
3. L’associato deve operare in piena conformità alla normativa in vigore con il ricorso a tecniche investigative ed in particolare alle “Regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria”, pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del D. Lgs. 10 agosto 2018, n. 101. (del 19 dicembre 2018 pubblicate in GU il 15.01.2019) e s.m.i.
4. E’ dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’associato mantenere il segreto e il massimo riserbo sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché su quelle delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.
5. L’obbligo del segreto va osservato anche quando il mandato sia stato adempiuto, comunque concluso, rinunciato o non accettato.
6. L’associato deve adoperarsi affinché il rispetto del segreto professionale e del massimo riserbo sia osservato anche da dipendenti e collaboratori, anche occasionali, in relazione a fatti e circostanze apprese nella loro qualità o per effetto dell’attività svolta.
7. È consentito all’associato derogare ai doveri di cui sopra qualora la divulgazione di quanto appreso sia necessaria:
a) per lo svolgimento dell’attività processuale come testimone o consulente a favore del Committente, rappresentato da uno o più avvocati;
b) per impedire la commissione di un reato di particolare gravità;
c) nell’ambito di una procedura disciplinare;
d) per la tutela dei propri diritti, per procedure giudiziale in cui l’associato è parte.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato e nel rispetto dei principi di cui all’art. 5 GDPR e delle altre disposizioni normative vigenti in materia di protezione dati personali, oltre che dei provvedimenti del Garante per la protezione dati personali applicabili.
Art. 4 – Dovere di evitare incompatibilità
1. L’associato deve evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione a Federpol, evitando situazioni che prevedono che un medesimo soggetto ricopra al contempo due o più cariche confliggenti, anche con riferimento ad associazioni, enti, società o organismi diversi da FEDERPOL che svolgano analoga attività. In tali casi, l’associato dovrà, a pena di decadenza dalla carica assunta in FEDERPOL, provvedere immediatamente alla scelta tra quella che il soggetto valuterà di mantenere, rinunciando alla carica assunta in FEDERPOL se non rinuncia all’altra assunta nell’omologa associazione, ente, società o organismo.
2. L’associato non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione di cui alle premesse.
Art. 5 – Responsabilità disciplinare per atti di associati, collaboratori e sostituti
L’associato è personalmente responsabile per condotte, determinate da suo incarico e/o esponenti dell’assetto proprietario e/o amministrativo, ascrivibili a suoi soci, collaboratori e sostituti, salvo che il fatto integri una loro esclusiva e autonoma responsabilità, medesima responsabilità è allo stesso ascrivibile se l’attività professionale vien svolta in forma di associazione professionale o società.
Art. 6 – Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza
1. L’associato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro e competenza, tenendo conto del rilievo normativo e sociale del proprio incarico, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.
2. L’associato, anche al di fuori dell’attività professionale, deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione.
Art. 7 – Dovere di fedeltà
L’associato deve adempiere fedelmente il mandato ricevuto, svolgendo la propria attività a tutela dell’interesse del committente e nel rispetto del rilievo normativo e sociale della sua funzione.
Art. 8 – Rapporto di fiducia e accettazione dell’incarico.
1. L’associato è libero di accettare l’incarico.
2. Il rapporto con il committente e con la parte assistita è fondato sulla fiducia.
Art. 9 Dovere di diligenza
L’associato deve svolgere la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando la qualità della prestazione professionale.
Art. 10 – Dovere di competenza
L’associato, al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali, non deve accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza.
Art. 11 – Dovere di aggiornamento professionale e di formazione continua
L’associato deve curare costantemente la preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori di specializzazione e a quelli di attività prevalente.
Art. 12 – Dovere di adempimento fiscale
1. L’associato si impegna al rispetto degli adempimenti fiscali e previdenziali previsti dalle norme in materia.
2. L’associato garantisce al personale dipendente il minimo salariale previsto dal CCNL di categoria.
3. L’associato deve adempiere agli obblighi assicurativi previsti dalla legge.
4. L’associato deve corrispondere regolarmente e tempestivamente le quote di iscrizione dovute a Federpol.
Art. 13 – Doveri nei rapporti con gli organi di informazione
1. Indipendentemente dalla corretta e scrupolosa osservanza delle disposizioni stabilite dalla legge, i rapporti che deve tenere l’associato con la stampa, televisiva o giornalistica, devono essere improntati al rispetto ed alla tutela della riservatezza delle notizie acquisite per il tramite del proprio ufficio. In particolare, nei casi (rari) in cui non sia tenuto ad osservare il dovere di segretezza e riservatezza, l’associato deve, comunque, valutare molto attentamente le conseguenze che possono derivare dalle notizie fornite ai mezzi di comunicazione, mediante il rilascio di dichiarazioni adeguate e, di certo, mai lesive della dignità professionale di un altro collega o dell’intera categoria, ispirandosi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza; con il consenso della parte assistita, e nell’esclusivo interesse di quest’ultima, può fornire agli organi di informazione notizie purché non coperte dal segreto di indagine, nel rispetto del Regolamento GDPR, s.m.i.
2. L’associato è tenuto in ogni caso ad assicurare l’anonimato dei minori.
Art. 14 – Dovere di corretta informazione
1. L’associato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza.
2. L’associato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti né equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti all’attività professionale.
3. Non è consentita l’indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con l’associato.
4. Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione.
Art. 15 – Informazione sull’esercizio dell’attività professionale
Ogni forma di pubblicità commerciale è libera purché conforme alla legge.
L’associato può intraprendere ogni iniziativa che ritenga più opportuna per pubblicizzare la propria attività; non sono ammesse né forme di pubblicità fuorviante, volte a reclamizzare prestazioni professionali non rientranti nell’ambito delle attività autorizzate, né forme di pubblicità c.d. ingannevole, tali da indurre la clientela a ritenere possibili prestazioni che non possono essere espletate legittimamente dall’intestatario della licenza autorizzativa o contrarie alla dignità professionale.
Art. 16 – Doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni
L’associato deve mantenere nei confronti dei colleghi e delle Istituzioni un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.
TITOLO II – RAPPORTI CON IL COMMITTENTE
Art. 17 – Conferimento dell’incarico
1. L’incarico è conferito dal committente nelle forme prescritte dalla normativa vigente all’epoca del conferimento.
2. L’associato, titolare della licenza autorizzativa, nel caso in cui si avvalga dell’opera di collaboratori deve impartire puntuali direttive ed indicazioni operative al fine del corretto svolgimento delle investigazioni e può usufruire a sua discrezione dell’operato di un collega. L’associato, prima di assumere l’incarico, deve accertare l’identità del Committente e attenersi alle disposizioni normative vigenti in materia.
3. L’associato non deve consigliare azioni o indagini inutilmente gravose.
4. L’associato è libero di accettare l’incarico, ma deve rifiutare di prestare la propria attività quando, dagli elementi conosciuti, desuma che essa sia finalizzata alla realizzazione di operazione illecita.
5. L’associato non deve suggerire comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o fraudolenti.
Art. 18 – Conflitto di interessi
1. L’associato deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi del committente o interferire con lo svolgimento di altro incarico professionale.
2. L’associato nell’esercizio dell’attività professionale deve conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale.
3. Il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui il nuovo incarico determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro Committente, la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un’altra parte Committente, l’adempimento di un precedente incarico limiti l’indipendenza dell’associato nello svolgimento del nuovo incarico.
4. L’associato deve comunicare al Committente l’eventuale esistenza di circostanze impeditive per la prestazione dell’attività richiesta, senza fornire dettagli o dati sensibili.
5. Il dovere di astensione sussiste anche se le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad associati che siano partecipi di una stessa società di investigatori associati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali e collaborino professionalmente in maniera non occasionale.
Art. 19 – Accordi sulla definizione del compenso
1. È ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfettaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l’intera attività, purché conformi alla propria tabella delle operazioni e delle tariffe comunicate.
2. Sono vietati i patti con i quali l’associato percepisca come compenso, in tutto o in parte, una quota del bene oggetto della prestazione o dell’indagine, ad eccezione degli incarichi per il solo recupero del credito.
Art. 20 – Adempimento del mandato
1. L’accettazione di un incarico professionale presuppone la competenza a svolgerlo.
2. L’associato, in caso di incarichi che comportino anche competenze diverse dalle proprie, deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l’assistenza con altro collega o esperto in possesso di dette competenze.
Art. 21 – Doveri di informazione
1. L’associato deve informare chiaramente il committente, all’atto dell’assunzione dell’incarico, delle caratteristiche e dell’importanza di quest’ultimo e delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione.
2. L’associato deve informare se richiesto, in forma scritta, colui che conferisce l’incarico professionale, il prevedibile costo della prestazione.
3. L’associato deve riferire al cliente il contenuto di quanto appreso legittimamente nell’esercizio del mandato, compatibilmente con la normativa sulla privacy vigente e a condizione che non violi un diritto dell’associato incaricato.
Art. 22 – Richiesta di pagamento
1. L’associato, nel corso del rapporto professionale, può chiedere la corresponsione di anticipi, ragguagliati alle spese sostenute e da sostenere, nonché di acconti sul compenso, commisurati alla quantità e complessità delle prestazioni richieste per l’espletamento dell’incarico.
2. L’associato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti ricevuti e deve consegnare, a richiesta del committente, la relativa nota.
3. L’associato deve emettere il prescritto documento fiscale per ogni pagamento ricevuto.
4. L’associato non deve richiedere compensi o acconti manifestamente sproporzionati all’attività svolta o da svolgere.
Art. 23 – Gestione di denaro altrui
1. L’associato deve gestire con diligenza il denaro ricevuto dal committente nell’adempimento dell’incarico professionale e deve renderne conto sollecitamente.
2. L’associato, nell’esercizio della propria attività professionale, deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non siano riferibili ad un Committente (ad esempio un genitore in nome e per conto del figlio).
Art. 24 – Rinuncia al mandato
1. L’associato ha la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie, per evitare pregiudizi al committente.
2. In caso di rinuncia al mandato l’associato deve dare al committente un congruo preavviso.
3. In ipotesi di irreperibilità del committente, l’associato deve comunicare allo stesso la rinuncia al mandato con lettera raccomandata all’indirizzo anagrafico o all’ultimo domicilio conosciuto o a mezzo p.e.c.; con l’adempimento di tale formalità, l’associato è esonerato da ogni altra attività, indipendentemente dall’effettiva ricezione della rinuncia.
Art. 25 – Restituzione di documenti
1. L’associato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli atti ed i documenti ricevuti dal committente per l’espletamento dell’incarico e consegnare copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l’oggetto del mandato e l’esecuzione dello stesso.
2. L’associato non deve subordinare la restituzione della documentazione al pagamento del proprio compenso.
3. L’associato può estrarre e conservare copia di tale documentazione, anche senza il consenso del committente se consentito dalla normativa vigente, anche in relazione al regolamento GDPR per la protezione dei dati personali in quanto applicabile.
Art. 26 – Azione contro il cliente per il pagamento del compenso
1. L’associato, per agire giudizialmente nei confronti del Committente per ottenere il pagamento delle proprie prestazioni professionali, deve terminare o rinunciare a tutti gli incarichi ricevuti nei suoi confronti.
Art. 27 – Divieto di attività professionale senza titolo e di uso di titoli inesistenti
1. Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo di sospensione.
2. Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell’associato che agevoli o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi l’esercizio abusivo dell’attività o consenta che tali soggetti ne possano ricavare benefici economici, anche se limitatamente al periodo di eventuale sospensione dell’esercizio dell’attività.
Art. 28 – Divieto di accaparramento di committenza
L’associato non deve acquisire rapporti di committenza a mezzo di intermediari o procacciatori esterni con modi non conformi a correttezza, decoro e alla normativa vigente.
TITOLO III – RAPPORTI TRA ASSOCIATI
Art. 29 – Comunicazioni tra associati
Data la natura estremamente delicata dell’attività esercitata dal titolare di licenza, tutte le comunicazioni tra i colleghi (anche se uno di loro non è associato) sono da considerarsi confidenziali. Ciò significa che l’associato non deve rivelare le comunicazioni a terzi e non deve trasmettere copia della corrispondenza stessa al suo Committente.
Art. 30 – Divieto di assumere incarichi se il Committente ha già dato incarico ad altro associato
L’associato non può assumere un incarico investigativo, informativo e di sicurezza se è a conoscenza del fatto che il potenziale Committente è già assistito professionalmente da un collega, a meno che il committente non lo sollevi espressamente da tale obbligo nel mandato ovvero che il collega comunichi di aver rinunciato al servizio.
Art. 31 – Notizie riguardanti il collega
1. L’associato non deve esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega.
Art. 32 – Divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti.
1. L’associato deve evitare espressioni offensive o sconvenienti nei confronti di colleghi o terzi.
2. La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono la rilevanza disciplinare della condotta.
3. Qualsiasi tipo di comunicazione formale riguardante critiche o valutazioni nei confronti dell’operato degli associati deve essere rivolta esclusivamente al Collegio dei Probiviri.
Art. 33 – Assunzione di incarichi contro una parte già assistita
1. L’associato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un anno dalla cessazione del rapporto professionale oppure quando l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza.
2. In ogni caso, è fatto divieto all’associato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.
TITOLO IV – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Art. 34 – Responsabilità disciplinare
La violazione dei doveri e delle regole di condotta di cui ai precedenti articoli e comunque le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta imposti dalla legge o dalla deontologia, costituiscono illeciti disciplinari ai sensi delle disposizioni Statutarie. Tali violazioni, ove riconducibili alle ipotesi tipizzate nel presente codice, comportano l’applicazione delle sanzioni espressamente previste nello statuto.
Art. 35 – Potestà disciplinare
1. Spetta agli Organi disciplinari indicati nello Statuto la potestà di applicare, nel rispetto delle procedure previste dalle norme, anche regolamentari, le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione deontologica commessa.
2. Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato; la sanzione è unica anche quando siano contestati più addebiti nell’ambito del medesimo procedimento.
3. La sanzione deve essere commisurata alla gravità del fatto, al grado della colpa, all’eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell’incolpato, precedente e successivo al fatto, avuto riguardo alle circostanze, soggettive e oggettive, nel cui contesto è avvenuta la violazione.
4. Nella determinazione della sanzione si deve altresì tenere conto del pregiudizio eventualmente subito dal committente, della compromissione dell’immagine della professione degli associati, dei precedenti disciplinari.
5. Le sanzioni applicabili in forza delle norme statutarie sono:
a) Richiamo scritto: consistente in un richiamo ufficiale in ordine alla violazione compiuta e l’avvertimento che ciò non abbia più a ripetersi.
b) Censura: consistente in una formale dichiarazione della violazione e del conseguente biasimo.
c) Sospensione cautelare: che consiste nel provvedimento con il quale il Socio viene sospeso dalla sua qualità, de plano per cause urgenti e gravissime.
d) Sospensione: ovvero l’inibizione, per un tempo non inferiore a due mesi e non superiore ad un anno dalla qualità di associato con la relativa impossibilità di partecipare alle attività sociali.
e) Espulsione: consiste nella perdita definitiva della qualità di Socio e nella conseguente cancellazione dal libro dei Soci.
In ogni caso, l’associato punito in via definitiva a norma dei precedenti punti sub b), c), d) e), decade automaticamente da ogni carica sociale elettiva e/o nominativa eventualmente ricoperta al momento in cui il provvedimento è da considerarsi definitivo in forza delle norme di cui al presente codice.
Art. 36 – Attivazione del procedimento disciplinare
1. Il Collegio dei Probiviri vigente, come previsto dallo statuto e nei casi dal medesimo stabiliti, una volta venuto a conoscenza, come previsto dallo Statuto, presso un recapito all’uopo destinato ovvero per gravi circostanze delle quali venga a conoscenza e, comunque, nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dati personali, di un comportamento che possa violare il codice etico/deontologico, invia relativa comunicazione personale a mezzo p.e.c. all’interessato conferendo facoltà a quest’ultimo di inviare note difensive al medesimo collegio entro 20 giorni dalla ricezione della comunicazione. Il membro del Collegio interessato per primo della notizia ovvero che viene a conoscenza di gravi circostanze deve provvedere a comunicarlo agli altri membri del Collegio entro tre giorni.
2. Il Collegio medesimo, valuterà se esperire tentativo di conciliazione senza formalità alcuna ma nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dati personali, ogniqualvolta sia possibile tentare la definizione per questioni sorte tra due o più associati in contrasto tra di loro.
3. In relazione al contenuto della nota difensiva dell’interessato, Il Collegio dei Probiviri attiva o meno il procedimento istruttorio per valutare la portata, la fondatezza e la rilevanza dei fatti oggetto di esposto ovvero, se la notizia è totalmente infondata o non violativa di potenziali precetti deontologici, procede all’archiviazione, dandone pronta comunicazione all’istante e all’interessato, attenendosi alla seguente procedura:
• ricezione della notizia del comportamento dell’associato/esposto;
• valutazione preliminare di manifesta infondatezza;
• nel caso in cui la segnalazione non sia manifestatamente infondata, richiesta di memorie difensive alla parte interessata;
• archiviazione o avvio attività istruttoria.
4. Il Collegio dei Probiviri, nominerà al proprio interno un delegato all’istruttoria della pratica.
5. Il Collegio dei Probiviri avrà 30 giorni, dalla ricezione delle note difensive, per decidere se procedere all’archiviazione del caso ovvero procedere all’attività istruttoria nelle forme che lo stesso riterrà più opportune con audizioni, richieste di informative ulteriori, richiesta di comparizione personale delle parti interessate nei confronti delle quali si svolge il procedimento disciplinare. Se il Collegio riterrà di procedere con l’attività istruttoria, dovrà informare l’interessato della formale apertura di un procedimento disciplinare a suo carico, assegnando alla pratica un numero progressivo di identificazione.
6. Il Collegio dei Probiviri, una volta aperto il procedimento disciplinare, dovrà completare l’istruttoria nei 60 giorni successivi, prorogabili per gravi e comprovati motivi, per altri 30 giorni. In caso di mancata chiusura della procedura nei tempi prescritti da parte del Collegio dei Probiviri è prevista la decadenza degli stessi dalla carica col subentro dei membri supplenti.
7. L’ingiustificato inadempimento da parte dell’interessato alle richieste del Collegio, verrà valutato come argomento di prova a proprio carico.
8. Al termine del periodo indicato sub 6 e a conclusione dell’istruttoria, il Collegio, in successivi giorni 15, dovrà emettere il lodo, succintamente motivato, con l’eventuale applicazione delle sanzioni disciplinari di cui allo Statuto e/o del presente Codice.
9. L’interessato attinto dal procedimento disciplinare, potrà essere assistito da altro associato purché non interessato dal medesimo procedimento e non oggetto di altro procedimento disciplinare in corso ovvero non oggetto di altra e precedente sanzione negli ultimi 2 anni, con esclusivo riferimento alla sospensione e all’espulsione.
10. Il lodo viene considerato appellabile avanti il Consiglio Nazionale, di seguito C.N. nominato, nella seguente composizione: i membri vengono scelti fra quelli presenti al C.N. appositamente convocato in numero minimo di 5.
11. Il Lodo verrà immediatamente comunicato dal Collegio dei Probiviri e inviato all’interessato e agli organi competenti secondo lo statuto solo per l’applicazione delle eventuali sanzioni cautelari.
12. L’istanza di appello dovrà essere presentata dall’interessato, a pena di decadenza, entro 30 giorni dall’avvenuta ricezione del lodo, con atto inviato a mezzo p.e.c., a indirizzo all’uopo dedicato al Collegio dei Probiviri. Il Collegio dei Probiviri entro 15 giorni comunicherà al C.E. la ricezione dell’appello dell’interessato ai fini della convocazione del C.N. per la nomina del C.N. nominato (nella composizione di cui sub 10) entro 90 giorni che al quale trasmetterà successivamente il fascicolo d’ufficio.
13. L’appello dovrà contenere l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione del provvedimento definitorio di primo grado e sarà inammissibile se conterrà unicamente le medesime argomentazioni recate nelle note difensive di cui al procedimento avanti i Probiviri.
14. Il Consiglio Nazionale, in qualità di organo disciplinare di secondo grado, composto da almeno 5 membri dei quali uno o più Presidenti regionali che non appartengono alla regione ove è iscritto l’appellante, esaminato l’atto di appello e consideratolo non inammissibile, pronuncerà lodo definitivo entro 90 giorni dalla sua ricezione, comunicandolo alle parti e agli organi competenti, con l’osservanza della procedura di cui all’art. 19 n. 14, lett. g) dello Statuto.
15. Le sanzioni saranno decorrenti dopo la formale comunicazione dell’esito del lodo definitivo all’interessato, agli organi di cui allo Statuto a mezzo p.e.c., all’indirizzo all’uopo dedicato, e farà fede la prova di consegna del lodo definitivo in grado di appello.
16. Il lodo definitivo sarà pubblicato per estratto su apposita sezione riservata ai soli associati titolari.
TITOLO VI – NORME FINALI
Art. 37 – Entrata in vigore del Codice Deontologico
Le norme del suddetto codice deontologico sono, dopo l’approvazione da parte degli organi competenti di FEDERPOL, immediatamente operative nei confronti dei singoli associati alla FEDERPOL, i quali sono tenuti al loro rigoroso rispetto.